E’ noto che l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi deve essere proposta entro il termine di decadenza di sessanta giorni (art. 29 cod. proc. amm.), e che tale termine – entro il quale il ricorso deve essere notificato alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati (art. 41, comma 2 cod. proc. amm.) – decorre “dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge” (art. 41, comma 2 cod. proc. amm.). E ciò ferma restando la possibilità di proporre successivamente motivi aggiunti, al fine di “introdurre […] nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte” (art. 43, comma 1 cod. proc. amm.).
Al riguardo, costituisce acquisizione pacifica in giurisprudenza, che il concetto di “piena conoscenza” dell’atto lesivo non debba essere inteso quale “conoscenza piena ed integrale” dei provvedimenti che si intendono impugnare, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale. Ciò che è invece sufficiente ad integrare il concetto di “piena conoscenza” – il verificarsi della quale determina il dies a quo per il computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale – è la percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l’attualità dell’interesse ad agire contro di esso (Cons. Stato, Sez. IV, 29 ottobre 2015, n. 4945; Id., 28 maggio 2012, n. 3159).
Con specifico riferimento alla impugnazione del permesso di costruire rilasciato a terzi da parte di proprietari finitimi, la giurisprudenza afferma il principio – applicabile anche nel caso di provvedimenti che autorizzano l’attivazione degli impianti di distribuzione dei carburanti – secondo cui l’effettiva conoscenza del titolo abilitativo si ha quando la nuova costruzione riveli in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera e l’eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, per cui, in assenza di altri univoci elementi probatori, il termine per l’impugnazione inizia a decorrere dal completamento dei lavori ( cfr. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 03 agosto 2005, n. 3934; cfr. altresì T.A.R. Lazio, Roma, sent. n. 7595/2009),
Dando applicazione nel caso di specie a questi principi, deve ritenersi che la piena conoscenza dei provvedimenti impugnati si sia formata in capo alla ricorrente nell’agosto 2016, allorché è stata presentata, da parte della controinteressata, la dichiarazione di ultimazione dei lavori (…) ed è stata avviata l’attività (…).
Non può condividersi l’obiezione sollevata al riguardo dalla ricorrente e cioè che la data di ultimazione dei lavori e di avvio dell’attività commerciale non rileverebbe poiché la K. non avrebbe potuto avvedersi di tali circostanze fattuali non avendo la gestione dell’impianto di cui è proprietaria.
Ciò che rileva, invero, è che la ricorrente, al momento della ultimazione dei lavori, fosse nelle condizioni di avvedersi della lesività dell’opera: lo stato di piena conoscenza ha necessariamente una connotazione oggettiva e non può certamente essere condizionato da circostanze fattuali legate alla sfera soggettiva del ricorrente, tanto più ove – come nel caso di specie – sarebbero idonee a far venir meno la stessa legittimazione a impugnare, ponendo in dubbio il requisito della vicinitas, ossia lo stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento contestato (cfr. Cons. Stato, sez. V. n. 381 del 2 aprile 1996 e n. 1120 del 4 ottobre 1994 secondo cui i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale cominciano a decorrere, per l’interessato, dalla conoscenza del provvedimento lesivo e della consequenziale lesione della sfera dei suoi personali interessi e non dalla puntuale conoscenza e/o consapevolezza soggettiva dei vizi che lo inficiano).
La successiva conoscenza dei provvedimenti, mediante esercizio del diritto di accesso è, pertanto, da ritenersi irrilevante.