Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 13.06.2023 n. 5810
Il concetto di parziale difformità, in materia edilizia, presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera; mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione.
Ne deriva l’irrilevanza dell’eventuale conformità urbanistica delle opere, in quanto la loro realizzazione in assenza di un adeguato titolo edilizio costituisce elemento sufficiente a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Sezione, infatti, la conformità urbanistica del manufatto abusivo deve essere oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione comunale solo nell’ipotesi in cui il privato abbia presentato un’istanza di accertamento di conformità in relazione al manufatto oggetto dell’ordine di demolizione. […]
La successiva presentazione di un’istanza di accertamento di conformità non comporta l’inefficacia sopravvenuta dell’ordine di demolizione, con conseguente improcedibilità dell’appello; secondo la prevalente giurisprudenza di questa Sezione, infatti, “la presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/2001 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso ma determina una mera sospensione dell’efficacia dell’ordine di demolizione con la conseguenza che, in caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia”.