Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 03.07.2023 n. 6438
Nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo.
Non vale a superare l’eccepito profilo di inammissibilità il fatto che alla disposizione di cui all’art. 9, comma 2 del D.M. 1444 del 1968 sia pacificamente riconosciuta una finalità pubblicistica – quella cioè di salvaguardia delle imprescindibili esigenze igienico sanitarie, al fine di evitare malsane intercapedini tra edifici tali da compromettere i profili di salubrità degli stessi, quanto ad areazione, luminosità ed altro – poiché tale finalità ne giustifica la natura inderogabile – al punto che le disposizioni di cui al DM 1444/68, secondo un risalente e non superato insegnamento, prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica – ma non consente di ritenere sussistente un pregiudizio in re ipsa, derogando ai principi generali sull’interesse a ricorrere, come di recente ribaditi e precisati dalla menzionata sentenza della Adunanza Plenaria.