Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 21.08.2023 n. 7849
Per quanto riguarda l’individuazione della data di completamento delle opere, rilevante anche ai fini dell’accertamento della formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono, va in primo luogo chiarito che, per costante giurisprudenza, l’onere della prova circa la data di commissione dell’abuso incombe sull’interessato ovvero sul richiedente la sanatoria, e che solo concreti, specifici e rigorosi elementi di prova, non limitati a semplici allegazioni, sono idonei ad assolvere tale onere (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 26/09/2022, n.8290: “Nell’ipotesi di istanze di condono edilizio, spetta all’istante l’onere della prova l’esistenza dei presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria, tra cui, “in primis”, la data dell’abuso e, eventualmente, anche l’effettivo intervenuto cambio di destinazione d’uso e la sua data.”).
Per quanto riguarda le dichiarazioni degli esecutori dei lavori, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è costante nel ritenere che “Nell’ambito del processo amministrativo, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è inutilizzabile; in quanto, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può costituire solo un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l’attività istruttoria dell’amministrazione. D’altro canto, «l’attitudine certificativa e probatoria della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e delle autocertificazioni o auto dichiarazioni è limitata a specifici status o situazioni rilevanti in determinate attività o procedure amministrative e non vale a superare quanto attestato dall’amministrazione, sino a querela di falso, dall’esame obiettivo delle risultanze documentali” (Consiglio di Stato sez. IV, 25/05/2018, n.3143; cfr. anche Consiglio di Stato sez. VI, 07/12/2022, n.10719 secondo cui “La prova in ordine alla data di ultimazione dei lavori deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, non avendo alcuna rilevanza eventuali dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o mere dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate”). Di conseguenza, parte appellante avrebbe dovuto, fin dal primo grado di giudizio, indicare dei testimoni e gli specifici capitoli sui quali gli stessi avrebbero dovuto essere sentiti, chiedendo al TAR di ammetterli quali prova, ai sensi dell’art. 63, comma 3, c.p.a.