TAR Lombardia – Milano, Sez. IV, Sent. 19.12.2023 n. 3093
La giurisprudenza è costante nell’affermare che la concessione gratuita è una figura eccezionale, mentre la regola è quella dell’onerosità: infatti, la norma che la prevede, l’art. 17, comma 3, lett. b), del d.P.R. n. 380/2001 – ai sensi del quale “il contributo di costruzione non è dovuto: b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari” – è sempre stata intesa come previsione derogatoria rispetto alla suindicata regola (cfr. C.d.S., Sez. IV, 14 febbraio 2018, n. 945; Sez. V, 7 maggio 2013, n. 2467, e 24 marzo 2006, n. 1523; sull’art. 9 cit. cfr. Corte cost., ord. 23 giugno 1988, n. 714; C.d.S., Sez. V, 6 febbraio 2003, n. 617) e, dunque, da interpretare restrittivamente (C.d.S., Sez. IV, 1° giugno 2020, n. 3405).
La chiara finalità della previsione dettata all’art. 17, c. 3, lett. b) è di natura sociale, essendo essa diretta ad apprestare un concreto strumento di tutela e di salvaguardia alla piccola proprietà immobiliare per quegli interventi di adeguamento dell’immobile che siano effettivamente funzionali alle necessità abitative del nucleo familiare. Pertanto, nell’accezione socio-economica assunta dalla suddetta norma di carattere eccezionale, il concetto di “edificio unifamiliare” coincide, in concreto, con la piccola proprietà immobiliare, con la conseguenza che soltanto se presenti tali caratteri l’immobile unifamiliare è meritevole di un trattamento differenziato (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 2 luglio 2014, n. 1707, che ha ritenuto non manifestamente illogico o irrazionale definire “edificio unifamiliare”, non soggetto al pagamento del contributo concessorio, “un alloggio che abbia … una superficie utile non superiore a 110 mq”, con l’ulteriore previsione che “le limitazioni di cui ai bagni ed alla superficie utile possono essere superate” nel “caso in cui venga dimostrato che nell’alloggio la superficie utile per abitante non è superiore a 20 mq”).