Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 15.01.2024 n. 469
In applicazione di quanto previsto dall’art. 5 della l. n. 447 del 1998, il Commissario ad acta ha, dunque, ragionevolmente ritenuto che il progetto della ricorrente non fosse coerente con gli obiettivi programmatici del Comune in materia di trasformazione e gestione dell’assetto del territorio per le sue ripercussioni negative sui livelli occupazionali, sulle attività commerciali già esistenti e sulla circolazione viaria e per la sua rilevante incidenza sui volumi costruttivi già realizzati o assentiti, con una esaustiva motivazione che risulta immune da tutte le dedotte censure, non presentando profili di illogicità, contraddittorietà o violazione o falsa applicazione di legge ed essendo stata adottata, appunto, nel legittimo esercizio dei poteri spettanti all’ente locale (in questo caso esercitati dal Commissario) in materia di indirizzo ed organizzazione dello sviluppo urbanistico ed edilizio del suo territorio di riferimento, senza in alcun modo inficiare i principi di concorrenza e libera iniziativa economica né interferire con il diritto comunitario o la libertà di commercio.
Secondo il costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa opportunamente richiamato nella sentenza appellata, anche dopo il positivo avviso eventualmente espresso dalla conferenza di servizi, “al Consiglio comunale compete una valutazione ulteriore, necessaria a giustificare sul piano urbanistico una deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente. Inoltre, a fronte della richiesta del privato di ampliare un impianto industriale, l’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998 non consente di ipotizzare alcuna abdicazione dell’amministrazione resistente alla sua istituzionale potestà pianificatoria, sì da rendere l’approvazione della variante pressoché obbligatoria, restando al contrario integra per l’organo consiliare la possibilità di discostarsi motivatamente dalla determinazione iniziale adottata” (Cons. Stato, Sez. VI, 4 novembre 2013, n. 5292).