Consiglio di Stato, Sez. IV, Ord. 15.11.2024 n. 9169
Il Tar ha correttamente assunto a paradigma di fatto la relazione tecnica comunale confortata da dati e rilievi tecnici oggettivi.
In essa si legge: “E’ stato realizzato un cordolo in cemento, in testa al primo muro di contenimento, non previsto nella DIA del 2011; l’altezza dei muri fuori terra risulta maggiore rispetto a quanto riportato nella DIA del 2011/1926 ed in particolare, per il primo muro era prevista un’altezza fuori terra di m. 2 fuori terra, mentre presenta un’altezza variabile da m. 4,35 a 3,65; per il secondo muro era prevista un’altezza fuori terra di m. 2, mentre presenta un’altezza variabile da m. 4 a 3,15; è stato realizzato un piazzale di contenimento tra il primo ed il secondo muro, non previsto nella DIA del 2011.., di circa mq 600”.
Nello specifico, quanto ai motivi d’appello, la sentenza appellata nella motivazione reca la ratio decidendi, qui condivisa: i commi 4 e 5 dell’art. 167, d.lgs. n. 42/2004 sanciscono, in linea di principio, la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali, aventi rilevanza paesaggistica.
L’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica è, infatti, concedibile per gli interventi, realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione paesaggistica; i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 06.02.2019).
L’istruttoria, alla stregua delle acquisizioni documentali acquisite in giudizio di cui s’è dato conto, è esaustiva.
Quanto alla contestata tipologia edilizia delle opere abusive, ai fini dell’accertamento di conformità paesaggistica, l’impatto dell’intervento sull’originario assetto del territorio va verificato per qualsiasi opera edilizia calpestabile che può essere sfruttata per qualunque uso.
A riguardo, è dirimente il parere negativo della Soprintendenza laddove precisa che “la stesura di materiale stabilizzante, al posto del terreno coltivato, si configura come nuova superficie esclusa dalla sanatoria di cui all’art. 167 d.lgs. 42/2004…rilevato che le opere realizzate abusivamente risultano visibili e sono tali da alterare l’impatto del costruito nell’ambito tutelato confliggendo con le esigenze di conservazione dell’area”.
L’area di sedime delle opere, contrariamente al motivo d’appello che denuncia l’assenza di scrutinio sul punto, è ricompresa in zona agricola E del PRG all’interno del perimetro del Piano Paesistico Territoriale che vieta ogni tipo d’intervento che alteri lo stato dei luoghi.
Né, infine, è condivisibile l’affermazione, su cui riposa il motivo d’appello proposto avverso l’ordinanza di demolizione, a mente della quale il ripristino non sarebbe materialmente eseguibile.
I muri di contenimento, come rilevato dalla relazione tecnica, hanno la sola funzione di contenimento dei terrapieni artificiali: non svolgono alcuna funzione di contenimento e messa in sicurezza dell’intera area dal rischio di frane, posto che, come già precisato, gli interventi eseguiti vanno a modificare le pregresse condizioni di equilibrio statico del terreno.