TAR Campania – Salerno, Sez. II, Sent. 16.01.2025 n. 107
Tanto chiarito, il ricorso deve essere respinto, non condividendo il Collegio l’impostazione censoria articolata dal ricorrente.
Com’è noto, le disposizione di cui al D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, essendo rivolte alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, sono tassative ed inderogabili e vincolano i Comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e deve annullata se è oggetto di impugnazione, o comunque disapplicata stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (cfr. Consiglio di Stato sez. IV° 27 ottobre 2011 n. 5759; Consiglio di Stato sez. IV° 22 gennaio 2013 n. 354).
Si osserva, inoltre, che, in linea generale, non è legittima l’adozione, negli strumenti urbanistici comunali, di norme contrastanti con quelle del D.M. n. 1444 del 2.4.1968, nel senso che lo stesso, essendo stato emanato su delega dell’art. 41 quinquies della L. 17.8.1942, n. 1150 (inserito dall’art. 17 della L. 6.8.1967 n. 765), ha efficacia di legge, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati (cfr. Cassazione civile, Sez. II 14 marzo 2012 n. 4076).
Peraltro, a mente di un consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non vede motivi per discostarsi, “Non sono computabili nel calcolo della distanza fra edifici gli sporti, le parti che hanno funzione ornamentale e decorativa (mensole, lesene, risalti verticali), le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, gli aggetti, gli elementi di ridotte dimensioni e gli altri manufatti di minima entità; non possono invece essere esclusi dal computo le pensiline, i balconi e tutte quelle sporgenze che, per le particolari dimensioni, sono destinate anche ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l’uso abitativo dell’edificio” (così T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 7 aprile 2016, n. 913; conforme Consiglio Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909).
Ebbene, facendo applicazione dei principi legislativi e giurisprudenziali testè citati, va detto che il ricorso all’esame, come sopra detto, è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Invero, le emergenze istruttorie documentali, acquisite agli atti di causa hanno consentito di accertare che, nella fattispecie concreta, la valutazione dell’esito della misurazione è stata correttamente compiuta in base all’art. 24 del vigente R.U.E.C., che è del tutto pertinente alla presente fattispecie, in quanto fornisce i parametri indentificativi della sagoma planimetrica del fabbricato (o superficie coperta).
Tale articolo include espressamente nel computo della sagoma dell’immobile solo “gli aggetti chiusi e gli sbalzi, balconi, terrazze, sporti di gronda e simili se sorretti da elementi strutturali verticali o superiori a m. 1,50 di sporto”.
In considerazione di tale disposizione normativa, come condivisibilemte rimarcato dall’Amministrazione resistente, la misurazione della distanza della scala è stata effettuata dal suo nucleo centrale, in quanto i gradini erano stati realizzati come aggettanti e avevano una profondità di 1,40 m., ovvero una dimensione minore di quella ritenuta rilevante dall’art. 24 del Regolamento comunale.
Conseguentemente, gli accertatori sono giunti alla seguente conclusione, riferita nel rapporto prot. n. 140201 del 14/06/2024: “…Ne discende che la distanza dal confine, anche considerando il muro divisorio di piena proprietà del Mocerino, ascende ad almeno 1,40+2,67 m = 4,07 m e, pertanto, ampiamente verificata…”.
Peraltro, la correttezza delle valutazioni eseguite dal personale dell’Ufficio Verifiche di Conformità Edilizie risulta confermata dalla documentazione fotografica della scala effettuata al momento del sopralluogo, che raffigura i gradini aggettanti e attesta lo spessore del muro di confine (cfr. doc. 2 – Rapporto prot. n. 0140201/2024 del 14/06/2024 del Settore Trasformazione Urbanistica ed Edilizia – Servizio Verifiche di Conformità).
Alla stregua di quanto sopra, deve ritenersi che le distanze dal confine siano state ampiamente rispettate e che, pertanto, alcuna inesattezza può celarsi nel provvedimento gravato circa la correttezza del calcolo effettuato dalla P.A.