Procedimento VIA statale: per il parere MIC opera il silenzio-assenso orizzontale

Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 04.02.2025 n. 867

Il primo motivo di appello è infondato.

L’art. 25, comma 2-quater, d.lgs. n. 152/2006, vigente ratione temporis, dispone che: “In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte delle Commissioni di cui all’articolo 8, commi 1 e 2-bis, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, acquisito, qualora la competente commissione di cui all’articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell’ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede all’adozione dell’atto omesso entro i successivi trenta giorni. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del Ministero della transizione ecologica ovvero in caso di ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 241 del 1990, provvede al rilascio degli atti di relativa competenza entro i successivi trenta giorni”.

La norma invocata dai Ministeri per censurare il capo della sentenza di primo grado che ha accertato la formazione del silenzio endo-procedimentale e sostenere la sussistenza del silenzio devolutivo non è pertinente alla fattispecie controversa nel caso sub iudice.

La norma di cui al comma 2-quater, infatti, disciplina le fattispecie riguardanti l’inerzia da parte della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, l’inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del Ministero della transizione ecologica oppure il ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura. Essa non ha ad oggetto, invece, l’inerzia della competente Soprintendenza nel rilascio del parere di sua competenza e non risulta pertanto invocabile in relazione al caso di specie.

Quest’ultima ipotesi risulta infatti disciplinata dall’art. 25, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, vigente ratione temporis, che prevede che “L’autorità competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24 e 32. Qualora tali pareri non siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul progetto, l’autorità competente procede comunque alla valutazione a norma del presente articolo”.

La norma da ultimo citata non prevede l’applicazione del silenzio-devolutivo di cui al comma 2-quater, cui fanno riferimento gli appellanti, in quanto, nella fattispecie presa in considerazione dal comma 1, anche in caso di “parere negativo” o “elementi di dissenso sul progetto” è attribuito all’amministrazione competente il potere-dovere (“procede comunque”) di valutare l’impatto dell’opera, senza che si debba attendere “il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241” e il previo “parere dell’ISPRA”.

A tale proposito, va evidenziato che il Collegio non ignora che “il Giudice – muovendo dal petitum sostanziale della domanda di annullamento – può assumere, nella valutazione della fondatezza del motivo, parametri (parzialmente) distinti da quelli indicati, purché restino fermi l’identificazione e la qualificazione del vizio dedotto negli elementi sostanziali che lo caratterizzano (Cons. St., Sez. V, n. 505/2017; Sez. IV, n. 84/2016)” e che “La qualificazione dell’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali, come confermato dall’’art. 32, comma 2, c.p.a., è un potere prettamente ufficioso del giudice (anche nel grado appello). Questi, del resto, è chiamato soltanto ad una operazione di interpretazione giuridica della domanda originaria, alla stregua del contenuto effettivo della pretesa” (Cons. Stato, sez. II, 12 maggio 2023 n. 4800).

Tuttavia, occorre evidenziare, che in alcun modo la censura formulata con il primo motivo di appello può essere sussunta nell’ambito di una “deducibile” violazione dell’art. 25, comma 1, d.lgs. n. 152/2006 (in luogo della dedotta violazione dell’art. 25, comma 2-quater, d.lgs. n. 152/2006), non essendo in alcun modo ricavabile, in base alle allegazioni, in fatto e in diritto, di parte appellante, la dedotta antinomia fra la norma di cui all’art. 25, comma 1, d.lgs. n. 152/2006 e quella ricavabile dall’art. 17 bis legge n. 241/1990.

Il quadro descritto, che porta a ritenere comunque non accoglibile il motivo, è sicuramente corroborato poi dal dettato del comma 2-bis del citato art. 25 (richiamato ma non specificamente a scopo censorio dall’Amministrazione), con la normativa specifica e i termini ristretti e perentori (comma 7) ivi previsti per le opere sottoposte a parere della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC.