Consiglio di Stato, Sez. VII, Sent. 14.01.2025 n. 229
Innanzitutto il Collegio ritiene che, nella parte in cui prevede che l’ordine di demolizione, nel caso di interventi abusivi eseguiti su suoli del demanio o del patrimonio dello stato, debba essere rivolto al “responsabile” dell’abuso, l’art.35 del Testo unico dell’edilizia vada letto, anche coordinandolo con le altre disposizioni sanzionatorie del D.P.R. n.380 del 2001, come norma che ricomprende, non solo i soggetti a cui è addebitabile la realizzazione dell’opera sine titulo, ma anche coloro che, non rimuovendola, contribuiscono di fatto a farla indebitamente permanere sul suolo pubblico.
A voler diversamente opinare, tutte le volte in cui, come nel caso di specie, la persona del proprietario e/o dell’utilizzatore del bene abusivo non coincida con quella del responsabile materiale dell’abuso, l’amministrazione si troverebbe nell’impossibilità di porre rimedio ad una riscontrata situazione di contrasto con la normativa urbanistica e più in generale, illecita. Si consideri, sotto quest’ultimo profilo, che rappresenta pur sempre indiscutibilmente un illecito il realizzare e mantenere, senza il consenso del proprietario e per di più senza titolo edilizio, un immobile abusivo su suolo pubblico.
In secondo luogo, l’interpretazione restrittiva della disposizione adottata dal tribunale si rivela vieppiù inesatta, considerando che in generale il provvedimento demolitorio, alla cui categoria generale appartiene, come species anche quello previsto dall’art. 35 del D.P.R. n.380 citato, perseguendo la finalità obiettiva di ripristinare l’ordine urbanistico violato, ha natura sanzionatoria reale e dunque opera necessariamente, in via ambulatoria. Il che significa che può essere rivolta anche nei confronti del proprietario e/o del possessore del bene, ancorché non responsabili dell’abuso, come sostenuto sia dall’Adunanza Plenaria n.9 del 2017 che, più recentemente, dall’Adunanza Plenaria n.16 del 2023.
In terzo luogo, l’interpretazione del primo giudice va disattesa perché, se accolta, avrebbe come effetto inammissibile quello di consentire all’utilizzatore di un bene illecito di continuare a servirsi dello stesso, in contrasto col principio generale che vieta a chiunque di trarre profitto da un fatto illecito.
In definitiva il collegio ritiene sul punto di aderire alla maggioritaria giurisprudenza di questo plesso giurisdizionale, secondo cui “L’ordine di demolizione costituisce una misura di carattere reale, finalizzata a reprimere un illecito di natura permanente, di conseguenza deve ritenersi legittima l’individuazione del proprietario tra i soggetti su cui incombe l’onere di rimuovere un simile illecito” (tra le altre Consiglio di Stato sez. VI, 25/11/2022, n.10373 e Cons. Stato sez. VII, n. 3345/2022).
Infine, quanto appena osservato, in ordine alla natura reale della sanzione demolitoria, anche in consonanza con quanto sostenuto dalla citata Adunanza Plenaria n.9/2017, esclude che, in capo alla parte appellata, si possa essere consolidata una legittima aspettativa in ordine alla conservazione dell’opera da lui detenuta, con conseguente dequotazione del sesto motivo di ricorso, riproposto in appello da quest’ultima, ai sensi del comma 2 dell’art.101 c.p.a. nel primo atto di costituzione nel presente giudizio.