TAR Veneto – Venezia, Sez. V, Sent. 29.01.2024 n. 158
Considerati nel loro complesso, infatti, i singoli elementi caratterizzanti la struttura – la fondazione in cemento, l’ancoraggio al suolo, l’installazione di una gronda, la chiusura laterale con tamponamenti in legno, la configurazione del pergolato come un portico, la copertura unica, le dimensioni, il posizionamento ai margini dei confini con altra proprietà – inducono a valutare diversamente il manufatto la cui realizzazione ha determinato un volume edilizio.
In breve, il manufatto in questione – avendo una superficie pari ad 11 mq. e una altezza massima di mt. 2,48 ed essendo stabilmente connesso al suolo tramite una fondazione a platea – è assimilabile, piuttosto che a un ripostiglio, a un locale adibito a deposito funzionalmente autonomo e dal carattere permanente.
Queste ultime caratteristiche sono indirettamente confermate dalla presenza dell’impianto elettrico e delle grondaie per il deflusso di acqua piovana, aspetti che rendono oltremodo difficoltoso sostenere la precarietà della struttura costituente un magazzino piuttosto che un semplice ripostiglio per attrezzi.
Sul punto, deve farsi menzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato che conferma un principio ormai acquisito: “[…] al fine di verificare se una determinata opera abbia carattere precario occorre verificare la destinazione funzionale e l’interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata e, pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il breve tempo entro cui si realizza l’interesse finale, possono dirsi di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il permesso di costruire” (Cons. Stato, 3 novembre 2023, n. 9536).