Chiarimenti sulle nozioni di area idonea e area non idonea ai sensi del D.Lgs. 199/2021

TAR Sicilia – Palermo, Sez. V, Sent. 19.07.2024 n. 2282

L’art. 20 comma 8 lett. c-quater del D. Lgs. 199/2021 definisce le aree “idonee” richiamando il parametro dei 500 metri dalle aree vincolate, senza per questo introdurre previsioni automaticamente ostative per le aree “non idonee”, per le quali viceversa il comma 7 espressamente statuisce che “Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee”: nel caso di specie, al contrario, la Soprintendenza fonda il proprio parere condizionato sul rilievo che l’area interessata dalla realizzazione dell’impianto non rientra per l’intera estensione tra le aree idonee all’istallazione di impianti fotovoltaici, essendo ricompresa nella fascia dei 500 metri di un’area tutelata, operando così una lettura non appropriata della disposizione sopra evocata (cfr. sentenza sez. V – 23/5/2024 n. 1730). Quest’ultima è invero chiara nello stabilire che la mancata inclusione tra le aree idonee non implica l’automatica qualificazione dell’area di sedime dell’impianto quale non idonea, occorrendo a tal fine una specifica motivazione per la salvaguardia di interessi opposti all’installazione dell’impianto FER. Ciò, del resto, è coerente con la considerazione per cui in materia di autorizzazione alla installazione di impianti solo la riserva di procedimento amministrativo consente di operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, in modo tale da garantire la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati pur nel rispetto del principio, conforme alla normativa dell’Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (cfr. sentenza Sez. V – 6/5/2024 n. 1508 e i precedenti ivi richiamati).

L’impostazione predetta è suffragata dalle pronunce recenti del Consiglio di Stato, che pongono l’accento sul favor per la massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili del diritto euro-unitario e nazionale, e sull’inesistenza di una primazia dell’interesse a protezione degli interessi paesaggistici.

Come ha rammentato Consiglio di Stato, sez. IV – 29/12/2023 n. 11320, il D. Lgs. 199/2021 attua <<la direttiva UE 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che, all’art. 3, rubricato “Obiettivo vincolante complessivo dell’Unione per il 2030”, impone uno specifico obbligo di risultato in capo agli Stati membri, prescrivendo, al comma 1, che “Gli Stati membri provvedono collettivamente a far sì che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell’Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %…..” e precisando, al comma 4, che “A decorrere dal 1 gennaio 2021, la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di ciascuno Stato membro non è inferiore alla quota base di riferimento indicata nella terza colonna della tabella riportata nell’allegato I, parte A, della presente direttiva. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire il rispetto di tale quota base di riferimento. Se uno Stato membro non mantiene la sua quota base di riferimento misurata su un periodo di un anno, si applica l’articolo 32, paragrafo 4, primo e secondo comma, del regolamento 2018/1999.”>>.