TAR Sicilia – Catania, Sez. III, Sent. 21.01.2025 n. 243
L’art. 6 bis del d.P.R. n. 380 del 2001 dispone, per quanto d’interesse: al comma 1, che gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli artt. 6, 10 e 22 sono realizzabili previa comunicazione dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente e, comunque, nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia; al comma 2, che l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; al comma 5, che la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a € 1.000,00, che è ridotta di due terzi in caso di comunicazione spontanea quando l’intervento è in corso di esecuzione.
A ben vedere, la c.d. comunicazione d’inizio lavori asseverata (CILA) rappresenta il titolo general-residuale, necessario per tutti gli interventi edilizi per i quali le norme del testo unico non impongono la SCIA o il permesso di costruire, ovvero che non rientrano ai sensi dell’art. 6 nell’attività edilizia libera; ne deriva che sono ricondotte alla medesima opere qualitativamente rilevanti come, a titolo puramente esemplificativo, gli interventi di manutenzione straordinaria leggera ovvero quelli che, pur comportando cambi di destinazione d’uso urbanisticamente non rilevanti, non riguardano parti strutturali dell’edificio e non incidono sui prospetti (vedi Consiglio di Stato, II, 24 aprile 2023, n. 4110).
Diversamente da quanto disposto per la SCIA, sulla conformità tecnico-giuridica della CILA non è, però, previsto un obbligo di controllo ordinario postumo entro un termine perentorio ravvicinato, in quanto la norma si limita a introdurre una sanzione pecuniaria “secca” in caso di omessa presentazione, senza in alcun modo disciplinare l’ipotesi in cui la stessa si profili contra legem.
Si pone, pertanto, il problema dell’individuazione dei poteri esercitabili dall’ente locale, in ordine a cui va richiamata la recente sentenza di questa sezione n. 3327 del 9 ottobre 2024 la quale ha rilevato che, se per un verso non può ritenersi che la previsione, contenuta nel comma 5 dell’art. 6-bis del D.P.R. n. 380/2001, della sanzione pecuniaria per la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori esaurisca il novero dei poteri che l’Amministrazione può spendere a seguito della presentazione della CILA, deve, comunque, affermarsi che il potere di controllo, oltre che al dato formale della sola presentazione, possa unicamente ricondursi all’accertamento che l’opera ricada effettivamente nell’ambito dell’edilizia sottoposta a tale strumento di semplificazione, senza che possano trovare ingresso altre questioni, in quanto estranee alla fattispecie disciplinata dal legislatore.
Va, altresì, richiamata la sentenza della II sezione del Consiglio di Stato n. 4110 del 24 aprile 2023, la quale ha rilevato che la mancata previsione di controlli sistematici rischia di tradursi in un sostanziale pregiudizio per il privato, che non vedrebbe mai stabilizzarsi la legittimità del proprio progetto, di talché la presentazione della CILA, considerata anche la modesta entità della sanzione per la sua omissione, avrebbe, in sostanza, l’unico effetto di attirare l’attenzione dell’amministrazione sull’intervento, esponendolo ad libitum, in caso di errore sul contesto tecnico-normativo di riferimento, alle più gravi sanzioni per l’attività totalmente abusiva, che l’ordinamento correttamente esclude quando l’amministrazione abbia omesso di esercitare i dovuti controlli ordinari di legittimità sulla SCIA o sull’istanza di permesso.
Ha, conseguentemente, ritenuto che vadano mutuati i principi consolidatisi con riferimento alla separazione tra autotutela decisoria e esecutiva in materia di s.c.i.a. o d.i.a. con conseguente applicazione dei limiti di tempo e di motivazione declinati nell’art. 19, commi 3, 4, 6 bis e 6 ter della l. n. 241 del 1990, in combinato disposto con il richiamo alle «condizioni» di cui all’art. 21 novies della medesima normativa.
Va, infine, richiamata la recentissima sentenza della I sezione di questo TAR n. 377 del 29 gennaio 2024 la quale, con riferimento a un’ordinanza di demolizione relativa a un cambio di destinazione d’uso di un locale con conseguente trasformazione dello stesso da vano tecnico non abitabile a volume residenziale abitabile, ha affermato la necessità di una puntuale descrizione delle opere o degli indici presuntivi da cui desumere il passaggio da una categoria urbanistica ad un’altra; ha poi precisato che l’attività assoggettata a CILA non solo è libera, ma deve essere “soltanto” conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un modesto impatto sul territorio e non dissimulino interventi edilizi necessitanti di specifica autorizzazione.