Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 13.06.2023 n. 5765
Va ribadito il carattere reale delle sanzioni in materia edilizia, nel senso che il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino è non già l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, ma l’esistenza d’una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia. La sanzione ripristinatoria costituisce atto vincolato, per la cui adozione non è necessaria la valutazione specifica delle ragioni di interesse pubblico, né la comparazione di questi con gli interessi privati coinvolti, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo in alcun modo ammissibile l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 17 luglio 2018, n. 4368 e 3 gennaio 2022, n. 10).
In definitiva, l’ordine di demolizione, avendo natura di atto vincolato, non necessita di relativa motivazione anche se contiene una motivazione adeguata nel momento in cui – come nel caso di specie – descrive gli interventi abusivamente effettuati. Né l’Amministrazione, in sede di irrogazione della sanzione demolitoria, può ritenersi onerata di valutare preventivamente la possibilità che l’abuso sia sanabile, anche perché la sanatoria richiede la domanda dell’interessato.