Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 30.06.2023 n. 6387
Secondo i principi enunciati dalla Adunanza plenaria il termine ragionevole per l’adozione dell’annullamento d’ufficio decorre soltanto dalla scoperta dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro.
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha precisato che l’erronea prospettazione, da parte del privato, delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla erroneità non veritiera prospettazione di parte.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale la prova delle dimensioni (consistenza) di un manufatto, la prova della esistenza o inesistenza di un rudere, la prova della data di costruzione e così via, grava su colui che attiva il procedimento di rilascio del titolo e poi agisce in giudizio, specie se si tratta di demo ricostruzione.
Questa sezione ritiene di confermare il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, quando un titolo abilitativo sia stato ottenuto dall’interessato in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà sia consentito all’amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa.