Consiglio di Stato, Sez. II, ord. 24.04.2023 n. 4110
L’equivoco di fondo nel quale è incorso il primo giudice, assecondando la ricostruzione della Società, consiste nell’introdurre una duplice chiave di lettura tra modifica di destinazione d’uso “all’interno”, per così dire, della manutenzione straordinaria e modifica di destinazione d’uso ex se, per la quale al contrario soltanto continuerebbero a valere ridette categorie. La ricostruzione, cioè, conferisce dignità di autonomo intervento alla modifica di destinazione d’uso quand’anche funzionale o senza opere, sussumendola sotto l’egida della manutenzione straordinaria […].
A ben guardare, tuttavia, le modifiche di destinazione d’uso che possono conseguire agli interventi riconducibili al concetto di manutenzione straordinaria, pure dopo la novella del 2020, sono solo quelle tra categorie urbanistiche omogenee, tale essendo l’inequivoco significato della dicitura «urbanisticamente rilevanti» e «non implicanti aumento del carico urbanistico» previsto dall’art. 3, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2011, anche nella sua attuale formulazione.
Esso va invero individuato avuto riguardo alle previsioni dell’art. 23 ter inserito nel T.u.e. col c.d. decreto legge “Sblocca Italia” […] che le ha introdotte al preciso scopo di omogeneizzare le scelte di governo del territorio, evitando frammentazioni finanche terminologiche sicuramente contrarie ai più elementari principi di certezza del diritto e foriere di oneri aggiuntivi per i cittadini-utenti. La disposizione pertanto che riduce a cinque le categorie previste […] individua, almeno in termini astratti e generali, raggruppamenti connotati da valutata similarità di carico urbanistico, tanto da qualificare “rilevante”, appunto, il mutamento della destinazione d’uso dall’una all’altra, seppure non accompagnato dall’esecuzione di opere edilizie (c.d. mutamento “funzionale”, appunto).
Sui controlli relativi alla CILA, afferma poi che “è da preferire la ricostruzione operata da questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 23 aprile 2021, n. 3275), che ha inteso mutuare in subiecta materia i principi via via consolidatisi con riferimento alla separazione tra autotutela decisoria e esecutiva in materia di s.c.i.a. o d.i.a., in particolare dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 45 del 2019. Di esse, infatti, la CILA «condivide l’intima natura giuridica», sicché trovano applicazione i limiti di tempo e di motivazione declinati nell’art. 19, commi 3, 4, 6 bis e 6 ter della l. n. 241 del 1990, in combinato disposto con il richiamo alle «condizioni» di cui all’art. 21 novies della medesima normativa“.