Inammissibile il condono di fabbricati in area sottoposta a vincolo cimiteriale

TAR Campania – Salerno, Sez. III, Sent. 03.10.2024 n. 1787

La domanda di condono (presentata con due istanze) ai sensi della l. 326/03 ha ad oggetto la realizzazione ex novo «di un fabbricato composto da un locale a piano terra, con attiguo porticato, appartamento in primo piano …. composto da soggiorno, due camere da letto e servizi igienici», essendosi realizzata una “tipologia 1” degli abusi in ragione della realizzazione di nuove superfici e volumetrie, ricadendo le opere in fascia di rispetto cimiteriale, integrante vincolo di inedificabilità assoluta, ai sensi dell’art. 33 della l. 47/85.

Non è dirimente quanto affermato dalla parte ricorrente, secondo cui il vincolo della fascia di rispetto cimiteriale sarebbe sorto dopo la realizzazione delle opere, in quanto in realtà esso integra un vincolo di inedificabilità assoluta, il quale, sussistendo al momento della valutazione dell’amministrazione sull’istanza di condono, integra un elemento preclusivo del condono ai sensi dell’art. 32 co. 27 lett. d) l. 326/03. In fattispecie analoga, in cui l’istanza di condono era stata rigettata per la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta di natura cimiteriale successivo alla realizzazione delle opere, questo TAR (con sentenza n. 3238 del 2022) ha respinto il ricorso «sussistendo sulla zona interessata un vincolo di inedificabilità assoluta di natura cimiteriale. Né vale osservare che, al momento di realizzazione dell’opera abusiva, l’ampliamento dell’area cimiteriale non era ancora stato disposto e dunque la costruzione rispettava le distanze al tempo previste. Invero, ciò che conta ai fini della valutazione del vincolo è la situazione edificatoria esistente al momento in cui la domanda di condono è stata esaminata e decisa dalla P.A. Giova richiamare, a sostegno di quanto si afferma, la sentenza n. 181/2021 della Corte Costituzionale, in cui si legge: “Il tema in esame investe, a ben vedere, la questione – sulla quale si è ampiamente soffermata anche la giurisprudenza amministrativa – del momento in cui deve essere valutata l’operatività di un vincolo paesaggistico, archeologico, ambientale, idrogeologico eccetera, limitativo delle facoltà edificatorie di un’area; questione per la quale si possono immaginare in astratto tre soluzioni: il momento in cui l’opera è realizzata, quello in cui è presentata la domanda di condono e quello in cui quest’ultima è esaminata dall’amministrazione. Sotto il vigore della sola L. n. 47 del 1985 e nell’incertezza derivante da un quadro normativo (art. 32) che non prevedeva espressamente che il vincolo dovesse essere anteriore all’esecuzione delle opere abusive, i giudici amministrativi hanno offerto – limitatamente alla richiesta di parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo – una articolata gamma di soluzioni al problema del rilievo dei vincoli sopravvenuti (per un quadro di sintesi, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, decisione 22 luglio 1999, n. 20). Rispetto a queste diverse ipotesi interpretative, la citata decisione dell’Adunanza plenaria ha affermato che, “in mancanza di indicazioni univoche desumibili dal dato normativo”, la questione deve essere risolta privilegiando la normativa “vigente al tempo in cui la funzione si esplica (tempus regit actum)”, essendo la più idonea alla “cura del pubblico interesse, in che si concreta la pubblica funzione”. Ha poi aggiunto che, “quanto alla preoccupazione che siffatta soluzione esporrebbe il singolo caso, in violazione del principio di certezza del diritto e di non disparità di trattamento, alla variabile alea dei tempi di decisione sull’istanza,… l’ordinamento appresta idonei strumenti di sollecitazione e, se del caso, di sostituzione dell’Amministrazione inerte” (sempre, Cons. Stato, adunanza plenaria, decisione n. 20 del 1999; nella stessa direzione, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 22 agosto 2003, n. 4765, e 31 ottobre 2013, n. 5274). La normativa concernente il terzo condono (art. 32, comma 27, lettera d, del D.L. n. 269 del 2003, come convertito), qui segnatamente in esame, pur facendo salve le previsioni degli artt. 32 e 33 della L. n. 47 del 1985, presenta “un ambito oggettivo più circoscritto” rispetto a quello di quest’ultima legge. Mentre, infatti, in base alla normativa del 1985 l’efficacia ostativa al rilascio del condono dei vincoli in esame era collegata al parere negativo dell’autorità preposta alla loro tutela, la disciplina del 2003 prevede che – come detto in precedenza – essi precludano senz’altro la sanatoria, al pari di quelli che comportano l’inedificabilità assoluta (in questo senso, tra le tante, sentenze n. 117 del 2015, n. 225 del 2012, n. 54 del 2009 e n. 196 del 2004, e ordinanza n. 150 del 2009….sull’interpretazione di questa normativa, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 5 agosto 2020, n. 4933, e sezione seconda, 13 novembre 2020, n. 7014). (…) Le conclusioni della richiamata giurisprudenza amministrativa meritano di essere condivise».