Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 28.06.2023 n. 6301
La veranda oggetto del presente giudizio è un manufatto di mq. 76,00 x m. 2,50 h, realizzato in legno lamellare e vetri, che costituisce ampliamento dell’abitazione principale e si presenta ad essa collegata ed adibita a sala hobby.
Tanto precisato, non risulta condivisibile la sua qualificazione alla stregua di una mera pertinenza.
Ai fini urbanistici ed edilizi il concetto di pertinenza ha un significato del tutto diverso rispetto alla nozione civilistica e si fonda sulla assenza di: a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale; b) incidenza sul carico urbanistico; c) modifica all’assetto del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 23/7/2009, n. 4636; Consiglio di Stato, sez. IV, 16/5/2013, n. 2678; Consiglio di Stato, sez. V, 11/6/2013, n. 3221).
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “ai sensi dell’art. 10, comma l, lettera c), del testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001), le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino, modifiche del volume, dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee, comportino mutamenti della destinazione d’uso (ristrutturazione edilizia). Ebbene, le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, trattandosi di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, non costituendo una pertinenza in senso urbanistico. La veranda integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie” (Consiglio di Stato, sez. VI, 9/10/2018, n. 5801).
Trattandosi sostanzialmente di una nuova volumetria, condivisibilmente il TAR ha ricondotto l’intervento nell’alveo della ristrutturazione edilizia, per la quale era necessario munirsi del permesso di costruire; ne deriva che, correttamente, è stata disposta la sanzione demolitoria (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 31/07/2019, n. 5404: “La sanzione della demolizione è, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, un atto dovuto in presenza di un intervento di ristrutturazione di un immobile abusivamente effettuato”).