TAR per la Campania, Sez. VII, Sent. 07.01.2025 n. 2386
Preliminarmente, quanto alla presentazione della domanda ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 di accertamento di conformità, va richiamato l’indirizzo di questa Sezione (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, n. 3167/2024 e giurisprudenza richiamata) secondo cui la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di tale istanza, di talché non vi è ragione di dubitare della sussistenza di un interesse a ricorrere concreto ed attuale.
Difatti, se da un lato, tale istanza determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.
All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata.
Di contro, in caso di rigetto della domanda, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia, con la sola precisazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, n. 5241/2022).
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Sotto il profilo procedimentale, non ha pregio la censura con cui si lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento culminato con l’adozione dell’ordinanza di demolizione impugnata. Ed invero, per consolidata giurisprudenza l’attività di repressione degli abusi edilizi è espressione di un potere vincolato rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato sicché non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento (Cons. Stato, sez. VI, n. 7785/2023).
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Il complesso delle opere realizzate conduce a decretare la complessiva infondatezza del gravame alla luce dell’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui la valutazione degli abusi edilizi e/o paesaggistici richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall’insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 8848/2022; n.-OMISSIS-300/2020; n. 4170/2020; n. 4170/2020).
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L’amministrazione non era poi tenuta a motivare in ordine al presunto affidamento del ricorrente nella legittimità delle opere; difatti, l’ordine di demolizione è un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione neppure quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione non potendo configurarsi alcun legittimo affidamento in relazione a situazioni contra legem. In sostanza, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’amministrazione ha il dovere di adottarlo, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, n. 35/2024; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, n. 4951/2023).
Non può essere accolto il motivo di ricorso fondato sulla presunta impossibilità di demolizione, per il pregiudizio che ne deriverebbe sulle restanti parti dell’immobile conformi al titolo edilizio. Oltre che non provata in fatto, la circostanza, infatti, non rileva in questa fase, deputata a sindacare la legittimità dell’ordinanza di demolizione ex art. 31 citato, ma, semmai solo nella successiva fase di esecuzione (Cons. Stato, sez. II, n. 145/2021) che, peraltro, non pare sia stata avviata.
Infine, va rilevato che l’indicazione dell’area da acquisire al patrimonio comunale, in caso di inottemperanza all’ordine demolitorio degli abusi edilizi, non è requisito necessario ai fini dell’ingiunzione di demolizione bensì dell’eventuale acquisizione al patrimonio comunale, proprio perché costituisce misura sanzionatoria distinta dall’ordinanza di demolizione. Ne consegue che la mancata esatta indicazione delle aree da acquisire al patrimonio comunale, in caso di inottemperanza all’ordine impartito, non comporta l’illegittimità del provvedimento demolitorio, considerato che l’acquisizione gratuita delle opere, della relativa area di sedime e dell’area di pertinenza urbanistica al patrimonio comunale, costituisce una conseguenza ex lege dell’inottemperanza all’ordine impartito e ben può essere operata con un distinto provvedimento e precisamente in quello in cui viene accertata l’inottemperanza all’ordine impartito (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, n. 4581/2024; sez. VIII, n. 5941/2023).
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