Consiglio di Stato, Sez. II, Sent. 01.06.2023 n. 5416
Il concetto di parziale difformità presuppone dunque che le modificazioni apportate all’intervento costruttivo assentito si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera, mentre si è in presenza di difformità totale o di variazioni essenziali, sanzionabili con la misura della demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione (Cons. Stato., sez. II, 23 ottobre 2020, n. 6432; sez. VI, 24 giugno 2019, n. 4331).
Nel caso di specie, la realizzazione di un muro di contenimento che, anziché essere contenuto entro il limite assentito di un’altezza compresa tra 1,00 e 1,20 m., raggiunge i 2,35 m. (cioè un’altezza pressoché doppia) è certamente ascrivibile al novero delle modifiche sostanziali dell’opera, vieppiù se si considera che anche una semplice sopraelevazione autonoma di un muro di contenimento richiede il permesso di costruire in quanto si presenti idonea ad alterare stabilmente lo stato dei luoghi (Cons. Stato, sez. II, 13 dicembre 2019, n. 487).
In presenza di un illecito edilizio il provvedimento demolitorio assume, per pacifica giurisprudenza, natura vincolata e doverosa anche a distanza di lungo tempo dalla commissione dell’abuso e la sua adozione non richiede specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2022, n. 9656, sez. II, 20 luglio 2022, n. 6373).