La validità del silenzio-assenso formatosi in relazione ad una richiesta di Permesso di Costruire non conforme alla normativa urbanistica.

TAR per la Campania, Sez. VIII, Sent. 03.04.2025 n. 2776

3.1 Giova premettere che l’istituto del silenzio-assenso risponde ad una valutazione legale tipica di equiparazione schiettamente effettuale in forza della quale l’inerzia equivale a provvedimento di accoglimento. L’equivalenza normativamente prevista dalla legge implica che gli effetti promananti dalla fattispecie a formazione progressiva desumibile dalla congiunta valutazione della domanda e della successiva condotta omissiva dell’Amministrazione per il tempo previsto per la conclusione del procedimento sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo; con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo a una domanda non conforme a legge (così, da ultimo; Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre 2023, n. 10383; sez. II, 22 maggio 2023, n. 5072).

Ciò premesso, questa Sezione (cfr. sentenza n. 6957/2024), ha evidenziato che il consolidato orientamento secondo il quale il silenzio assenso previsto in tema di permesso di costruire non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso del termine prefissato per la pronuncia espressa dell’amministrazione comunale e dell’adempimento degli oneri documentali necessari per l’accoglimento della domanda, ma presuppone che la parte onerata dia prova della sussistenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi ai quali è subordinato il rilascio del titolo edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 febbraio 2021, n. 1629; Cons. Stato Sez. IV, 1 luglio 2021, n. 5018) risulta allo stato mutato alla luce della più recente giurisprudenza.

In particolare, va richiamata quella giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato sez. VI – 8/7/2022, n. 5746), condivisa dal Collegio, secondo cui anche ove l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione del silenzio assenso. Reputare, infatti, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, oltre a frustrare l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, implicherebbe la sottrazione dei titoli tacitamente assentiti alla disciplina dell’annullabilità in assenza di una espressa previsione legislativa, posto che un siffatto regime non discenderebbe neanche da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento (CGA sentenza n. 172/2024).

Ciò si ritiene confermato da puntuali ed univoci indici normativi con il quali il legislatore sembra aver sconfessato la tesi secondo cui la possibilità di conseguire il silenzio-assenso sarebbe legata, non solo al decorso del termine, ma anche alla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo: in tal senso, si fa richiamo tra l’altro, per la parte di interesse ai fini della questione in esame, alla espressa previsione della annullabilità d’ufficio di cui all’art. 21 nonies l. 241/1990 anche nel caso in cui il “provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20”; ciò presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell’atto” (ex multis, Cons. St. 4 settembre 2023, n. 8156)

Inoltre, l’impostazione di convertire i requisiti di validità della fattispecie silenziosa in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto, tenuto conto che nessun vantaggio conseguirebbe l’operatore se l’Amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo, disconoscere gli effetti della domanda.

L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore, infatti, si identifica con l’avvertita esigenza di rendere più spediti i rapporti tra Amministrazione e cittadino, senza sottrarre l’attività al controllo dell’Amministrazione, controllo che si realizza seppur precludendo l’esercizio del potere (primario) di provvedere col decorso del termine procedimentale, con la sola successiva possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi silenziosamente formatosi.

L’ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe, infatti, in contrasto con i principi di “collaborazione e buona fede” (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990.

Resta fermo che il silenzio-assenso non costituisce una modalità ordinaria di svolgimento dell’azione amministrativa, ma uno specifico rimedio a tutela dei privati contro l’inerzia dell’Amministrazione, come confermato dall’art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990, secondo cui “[l]a mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”. Nello stesso senso depone anche l’obbligo di provvedere (sia pure redatto in forma semplificata) rispetto alle domande manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate, sancito dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

Che il silenzio-assenso –come già accennato – si configuri anche quando l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alla normativa di riferimento, è argomentazione confortata anche dalle seguenti disposizioni:

a) l’espressa previsione dell’annullabilità d’ufficio anche nel caso in cui il “provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20” presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell’atto;

b) l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) – nella parte in cui afferma che “Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, […] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni” – conferma che, decorso il termine, all’Amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;

c) l’art. 2, comma 2-bis – prevedendo che “Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo […]” (analoga, ma non identica, disposizione è contenuta all’ultimo periodo dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001) – statuisce, al fine di superare le perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato ha diritto ad un’attestazione dell’inutile decorso dei termini del procedimento in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti;

d) l’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della legge n. 241 del 1990 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio-assenso, “in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente”;

e) l’art. 21, comma 1, della legge n. 241 del 1990 – secondo cui “Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi” […] – da cui si desume che, in caso di dichiarazioni non false, ma semplicemente incomplete, il silenzio-assenso si perfeziona comunque (cfr. CGA n. 172/2024).

In definitiva, l’equivalenza normativamente prevista dalla legge implica che gli effetti promananti dalla fattispecie a formazione progressiva desumibile dalla congiunta valutazione della domanda e della successiva condotta omissiva dell’Amministrazione per il tempo previsto per la conclusione del procedimento sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo a una domanda non conforme a legge (così, da ultimo; Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre 2023, n. 10383; sez. II, 22 maggio 2023, n. 5072).

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