TAR Sardegna – Cagliari, Sez. I, Sent. 11.11.2024 n. 790
In tale direzione, l’art. 47 del D.L. 24.2.2023, n. 13 (conv. L. 23.4.2023, n. 41) ha introdotto l’art. 22 bis nel corpo del D.lgs. n. 199 del 2021, il quale, rubricato “Procedure semplificate per l’installazione di impianti fotovoltaici”, dispone quanto segue:
“L’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste.
Se l’intervento di cui al comma 1 ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il relativo progetto è previamente comunicato alla competente soprintendenza.
La soprintendenza competente, accertata la carenza dei requisiti di compatibilità di cui al comma 2, adotta, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al medesimo comma, un provvedimento motivato di diniego alla realizzazione degli interventi di cui al presente articolo”.
Rispetto alla sua applicabilità nel caso di specie, devono accertarsi due presupposti: (i) uno temporale, dovendosi verificare se tale norma sia applicabile al procedimento e, dunque, al provvedimento conclusivo, avviato sull’istanza della ricorrente, posto che la disposizione stessa non era vigente al momento della presentazione dell’istanza; (ii) e uno oggettivo, i.e. che l’area su cui debba essere ubicato l’impianto sia qualificabile come area a destinazione industriale e che siano rispettate le norme di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 in tema di valutazioni ambientali.
In merito al primo profilo – che, peraltro, non appare oggetto di specifiche argomentazioni di segno contrario in giudizio – , la norma in questione deve ritenersi applicabile al caso di specie, in quanto la stessa è entrata in vigore prima dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, vale a dire la nota RAS prot. n. 23600 del 30.5.2023, e la sua applicazione era già stata propugnata dalla ricorrente in sede di conferenza di servizi del 13.04.2023, come risulta documentalmente dal relativo verbale (doc. 13 Comoil).
A tal fine, è pertinente la giurisprudenza, richiamata dalla parte ricorrente, secondo la quale la disposizione suddetta, “pur essendo sopravvenuta rispetto all’avvio della procedura abilitativa semplificata, risulta comunque introdotta ed entrata in vigore ben prima dell’adozione dei provvedimenti contestati in questa sede.
Conseguentemente, l’Amministrazione ne avrebbe dovuto tener conto nell’orientare la propria azione amministrativa, e questo in ossequio al principio tempus regit actum. Difatti “la legittimità del provvedimento amministrativo va apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione” (cfr. ex multis C.d.S. n. 11159/2022). In particolare, è stato messo in chiaro che “nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la pubblica Amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio. Ne consegue che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici” (così C.d.S. n. 9045/2022)” (T.A.R. Veneto, Sez. IV, 18.07.2024, n. 1922).
Dunque, deve ritenersi temporalmente applicabile la novella normativa, che escluderebbe la necessità di ottenere l’autorizzazione unica denegata con gli atti regionali impugnati.